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PL19 also known as Tre Pezzi armchair with black enameled steel tube structure, upholstered in black Mongolian goat wool. Designed by Franco Albini & Franca Helg for Poggi, Pavia produced since the late 1950s to 1970s.
After spending his childhood and part of his youth in Robbiate in Brianza, where he was born in 1905, Franco Albini moved with his family to Milan. Here he enrolled in the Faculty of Architecture of the Polytechnic and graduated in 1929. He starts his professional activity in the studio of Gio Ponti and Emilio Lancia, with whom he collaborates for three years. He probably had his first international contacts here In those three years, the works carried out are admittedly of a twentieth-century imprint. It was the meeting with Edoardo Persico that marked a clear turning point towards rationalism and the rapprochement with the group of editors of “Casabella”. The new phase that that meeting provoked starts with the opening of the first professional studio in via Panizza with Renato Camus and Giancarlo Palanti. The group of architects began to deal with public housing by participating in the competition for the Baracca neighborhood in San Siro in 1932 and then creating the Ifacp neighborhoods: Fabio Filzi (1936/38), Gabriele D’Annunzio and Ettore Ponti (1939). Also in those years Albini worked on his first villa Pestarini. But it is above all in the context of the exhibitions that the Milanese master experiments his compromise between that “rigor and poetic fantasy” coining the elements that will be a recurring theme in all the declinations of his work – architecture, interiors, design pieces . The opening in 1933 of the new headquarters of the Triennale in Milan, in the Palazzo dell’Arte, becomes an important opportunity to express the strong innovative character of rationalist thought, a gym in which to freely experiment with new materials and new solutions, but above all a “method”. Together with Giancarlo Palanti, Albini on the occasion of the V Triennale di Milano sets up the steel structure house, for which he also designs the ‘furniture. At the subsequent Triennale of 1936, marked by the untimely death of Persico, together with a group of young designers gathered by Pagano in the previous edition of 1933, Franco Albini takes care of the preparation of the exhibition of the house, in which the furniture of three types of accommodation. The staging of Stanza per un uomo, at that same Triennale, allows us to understand the acute and ironic approach that is part of Albini, as a man and as a designer: the theme addressed is that of the existenzminimum and the reference of the project is to the fascist myth of the athletic and sporty man, but it is also a way to reflect on low-cost housing, the reduction of surfaces to a minimum and respect for the way of living. In that same year Albini and Romano designed the Ancient Italian Goldsmith’s Exhibition: vertical uprights, simple linear rods, design the space. A theme, that of the “flagpole”, which seems to be the center of the evolution of his production and creative process. The concept is reworked over time, with the technique of decomposition and recomposition typical of Albinian planning: in the setting up of the Scipio Exhibition and of contemporary drawings (1941) the tapered flagpoles, on which the paintings and display cases are hung, are supported by a grid of steel cables; in the Vanzetti stand (1942) they take on the V shape; in the Olivetti store in Paris (1956) the uprights in polished mahogany support the shelves for displaying typewriters and calculators. The reflection on this theme arises from the desire to interpret the architectural space, to read it through the use of a grid, to introduce the third dimension, the vertical one, while maintaining a sense of lightness and transparency. The flagpole is found, however, also in areas other than the exhibition ones. In the apartments he designed, it is used as a pivot on which the paintings can be suspended and rotated to allow different points of view, but at the same time as an element capable of dividing spaces. The Veliero bookcase, built in a single prototype in 1940, has two main uprights, made up of slender curved and juxtaposed bars, linked by a complex tensile structure. The lightened upright is also found in the LB7 bookcase, produced by Poggi in the 1950s. Like the evolution of the upright, also the decomposition and recomposition of the architectural elements and the use of the module, constitute the elements of a method that tends to simplify the complex phenomena of design down to the essential nuclei. Albini is a complete designer, whose work ranges from construction to design, from installations to urban planning. Among his masterpieces are: the Genoese Museums that change the way the public uses the work of art, the Pirovano Refuge in Cervinia, the Rinascente in Rome and the Milan Metro, which inspires the projects of the New York and Sao Paulo. Silent, rigorous, ironic man, Albini works incessantly, supported by a moral code that accompanies him throughout his career. He firmly believes in the social role of the architect as a profession at the service of the people. He considers it the very reason for its existence.
PL19, nota anche come poltrona Tre Pezzi, con struttura in tubo d'acciaio smaltato nero e rivestimento in lana di capra mongola nera. Disegnata da Franco Albini & Franca Helg per Poggi, Pavia, prodotta dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Settanta.
Dopo aver trascorso l'infanzia e parte della giovinezza a Robbiate in Brianza, dove nasce nel 1905, Franco Albini si trasferisce con la famiglia a Milano. Qui si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico e si laurea nel 1929. Inizia la sua attività professionale nello studio di Gio Ponti ed Emilio Lancia, con cui collabora per tre anni. Qui ha probabilmente i primi contatti internazionali In quei tre anni, le opere realizzate sono certamente di impronta novecentesca. È l'incontro con Edoardo Persico a segnare una netta svolta verso il razionalismo e il riavvicinamento al gruppo di redattori di "Casabella". La nuova fase che quell'incontro provoca inizia con l'apertura del primo studio professionale in via Panizza con Renato Camus e Giancarlo Palanti. Il gruppo di architetti inizia a occuparsi di edilizia pubblica partecipando al concorso per il quartiere Baracca a San Siro nel 1932 e realizzando poi i quartieri Ifacp: Fabio Filzi (1936/38), Gabriele D'Annunzio ed Ettore Ponti (1939). Sempre in quegli anni Albini lavora alla sua prima villa Pestarini. Ma è soprattutto nel contesto delle mostre che il maestro milanese sperimenta il suo compromesso tra quel "rigore e fantasia poetica" coniando gli elementi che saranno un tema ricorrente in tutte le declinazioni del suo lavoro - architetture, interni, pezzi di design. L'apertura nel 1933 della nuova sede della Triennale di Milano, nel Palazzo dell'Arte, diventa un'importante occasione per esprimere il forte carattere innovativo del pensiero razionalista, una palestra in cui sperimentare liberamente nuovi materiali e nuove soluzioni, ma soprattutto un "metodo". Insieme a Giancarlo Palanti, Albini in occasione della V Triennale di Milano allestisce la casa in struttura d'acciaio, per la quale progetta anche l' arredamento. Alla successiva Triennale del 1936, segnata dalla prematura scomparsa di Persico, insieme a un gruppo di giovani progettisti riuniti da Pagano nella precedente edizione del 1933, Franco Albini cura l'allestimento dell'esposizione della casa, in cui sono presenti gli arredi di tre tipologie abitative. L'allestimento di Stanza per un uomo, in quella stessa Triennale, ci permette di comprendere l'approccio acuto e ironico che fa capo ad Albini, come uomo e come progettista: il tema affrontato è quello dell'existenzminimum e il riferimento del progetto è al mito fascista dell'uomo atletico e sportivo, ma è anche un modo per riflettere sull'abitazione a basso costo, sulla riduzione delle superfici al minimo e sul rispetto del modo di abitare. Nello stesso anno Albini e Romano progettano l'Antica Mostra dell'Oreficeria Italiana: montanti verticali, semplici aste lineari, disegnano lo spazio. Un tema, quello dell'"asta della bandiera", che sembra essere il centro dell'evoluzione della sua produzione e del suo processo creativo. Il concetto viene rielaborato nel tempo, con la tecnica della scomposizione e ricomposizione tipica della progettazione albiniana: nell'allestimento della Mostra degli Scipioni e dei disegni contemporanei (1941) i pennoni affusolati, a cui sono appesi i quadri e le vetrine, sono sostenuti da una griglia di cavi d'acciaio; nello stand Vanzetti (1942) assumono la forma a V; nel negozio Olivetti di Parigi (1956) i montanti in mogano lucido sostengono le mensole per l'esposizione di macchine da scrivere e calcolatrici. La riflessione su questo tema nasce dalla volontà di interpretare lo spazio architettonico, di leggerlo attraverso l'uso di una griglia, di introdurre la terza dimensione, quella verticale, mantenendo un senso di leggerezza e trasparenza. L'asta della bandiera si ritrova, però, anche in spazi diversi da quelli espositivi. Negli appartamenti da lui progettati, viene utilizzato come perno su cui sospendere e ruotare i quadri per consentire diversi punti di vista, ma allo stesso tempo come elemento capace di dividere gli spazi. La libreria Veliero, realizzata in un unico prototipo nel 1940, ha due montanti principali, costituiti da sottili barre curve e giustapposte, collegate da una complessa tensostruttura. Il montante alleggerito si ritrova anche nella libreria LB7, prodotta da Poggi negli anni Cinquanta. Come l'evoluzione del montante, anche la scomposizione e ricomposizione degli elementi architettonici e l'uso del modulo costituiscono gli elementi di un metodo che tende a semplificare i complessi fenomeni del design fino ai nuclei essenziali. Albini è un progettista completo, il cui lavoro spazia dalla costruzione al design, dalle installazioni all'urbanistica. Tra i suoi capolavori: i Musei genovesi che cambiano il modo di fruire l'opera d'arte da parte del pubblico, il Rifugio Pirovano a Cervinia, la Rinascente a Roma e la Metropolitana di Milano, che ispira i progetti di New York e San Paolo. Uomo silenzioso, rigoroso, ironico, Albini lavora incessantemente, sostenuto da un codice morale che lo accompagna per tutta la sua carriera. Crede fermamente nel ruolo sociale dell'architetto come professione al servizio della gente. Lo considera la ragione stessa della sua esistenza.
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