L'approccio da curatore di Andrea Scarabelli con la sua galleria 1+1


Design italian style

Di Audrey Kadjar

Galleria online specializzata in design italiano del XX secolo, 1+1 Historical Design Gallery offre un'impressionante selezione del lavoro di icone del design del calibro di Franco AlbiniOsvaldo Borsani, Gabriella Crespi, ed Ettore Sottsass. Oltre a curare la propria collezione di alta qualità, la galleria milanese organizza anche mostre, spesso esplorando quel territorio dai confini poco chiari che è compreso tra il mondo dell'arte e quello del design. Wonder Modern è l'ultimo progetto del genere di 1+1, che, in occasione della Biennale di Venezia di quest'anno, raccoglie oggetti d'arredamento ed illuminazione, accostandoli a fotografie di architettura contemporanea. 

Abbiamo incontrato l'intraprendente ed idealista fondatore della galleria, Andrea Scarabelli, per chiedergli di raccontarci qualcosa sul suo approccio al design vintage.



Audrey Kadjar: Quando hai cominciato ad interessarti al design? E cosa ti ha portato ad aprire una tua galleria, specializzata in oggetti di design italiani? 

Andrea Scarabelli: Sebbene abbia lavorato per anni nel campo dell'editoria, sono sempre stato un appassionato amante dell'arte e del design. Sono nato e cresciuto a Milano, una città in cui il design e l'architettura si trovano dietro ogni angolo, ti ci imbatti continuamente anche solo uscendo per fare due passi. Frequentando negli anni mostre e fiere di design, ho cominciato a capire che il mio interesse risiedeva più nel design storico che in quello contemporaneo. Ovviamente ci sono moltissimi talentuosi designer sulla scena contemporanea, amo ed ammiro il lavoro di molti di loro, ma credo che l'epoca d'oro del design sia stata tra gli anni '40 e '60 - specialmente in Italia, a Milano.

A partire dal 2010 circa, ho cominciato ad acquistare oggetti di design per la mia casa, e presto mi sono ritrovato a volerli proporre a collezionisti. Io non sono un vero collezionista, non sento il bisogno di possedere molti pezzi, ma mi piace molto acquistarli, amarli, e proporli infine a persone che condividono il mio amore per il design. Dopo aver provato a lavorare come partner per una galleria di design, ho deciso ben presto di mettermi in proprio - volevo dare la mia impronta personale al business. Non ero interessato solo a vendere degli oggetti, ma ad offrirli alle persone giuste, seguendo delle linee guida personali in continua evoluzione. Avevo voglia di dedicarmi all'organizzazione di progetti in grado di rispondere ad estetiche e trend contemporanei.

Credo che il ruolo del curatore sia di agire da filtro per il cliente, selezionando gli oggetti con cura, combattendo i falsi e le attribuzioni sbagliate. Poltrona Margherita di Franco Albini per Bonacina (1951) Foto © 1+1 Historical Design Gallery
Lampada da terra Alberello di Stilnovo (anni '60) Foto © 1+1 Historical Design Gallery
Lampada da tavolo nr. 566 di Gino Sarfatti per Arteluce (1956) Foto © 1+1 Historical Design Gallery
AK:
 Cosa ti ha spinto a preferire una galleria online ad uno spazio fisico?

AS: Lavorare online mi permette di avere un sacco di libertà! Uno spazio fisico è inevitabilmente limitante, e, sebbene ci sia la possibilità in futuro di averne uno, per ora preferisco questa formula: in genere mi dà il meglio dei due mondi. Organizzo mostre fisiche, in spazi specifici e selezionati, in occasioni particolari e durante eventi, evitando la fatica di gestire uno spazio fisso, e di rapportarmi a persone reali.

AK: Qual è la parte più difficile della gestione di una galleria di design vintage - sebbene online?

AS: Bisogna essere sempre in grado di trovare l'equilibrio giusto tra l'avere troppi pezzi, e l'averne troppo pochi. Inoltre bisogna essere sempre attenti ai falsi. Credo che il ruolo del curatore sia di agire da filtro per il cliente, selezionando gli oggetti con cura, combattendo i falsi e le attribuzioni sbagliate. Purtroppo vedo spesso dei curatori fare l'opposto.

AK: Come trovi i tuoi pezzi? Segui criteri personali e fissi, o ti affidi maggiormente al tuo istinto?

AS: Il sourcing è la parte cruciale di questa professione. Non ho quasi mai oggetti specifici in mente, ma seguo delle linee guida generali - cerco principalmente illuminazione; prediligo il periodo che va dalla metà degli anni '40 alla metà dei '60; ci sono alcuni designer italiani che preferisco; cerco di evitare oggetti di livello mediocre. Ma qualche volta mi ritrovo ad essere attratto da qualcosa di inaspettato; ho acquisito pezzi che non sono ancora riuscito ad attribuire, per esempio. Queste lunghe e faticose ricerche, che a volte possono risultare infruttuose, fanno comunque parte del gioco.

AK: Cosa ti attrae di più del design Mid-Century italiano?

AS: Quella combinazione unica di imprenditori illuminati, architetti visionari, designer dall'incredibile immaginazione, ed artisti straordinari, che vide la luce in Italia nel secondo dopoguerra. 

AK: Quali pezzi ti hanno reso più felice?

AS: Tutti i miei pezzi di Gino Sarfatti! Lo ritengo uno dei più grandi designer di tutti i tempi.

AK: Chi è il tuo designer preferito, allora?

AS: Assolutamente Sarfatti. I suoi pezzi sono senza tempo - tecnici ma poetici allo stesso tempo.

AK: Parlaci di Wonder Modern, che hai di recente organizzato per la Biennale di architettura di Venezia. Cosa ti ha portato ad esplorare il rapporto tra architettura e design, negli anni del secondo dopoguerra, attraverso le lenti contemporanee di tre fotografi italiani? 

AS: Quando mi comunicarono che avrei potuto organizzare una mostra temporanea di design per la Biennale di quest'anno in una location unica, lungo le Zattere - un tipico interno veneziano, con travi di legno e boiserie in marmo, che viene aperto per la prima volta da anni, e proprio per la mia esposizione -, ho immediatamente pensato a dei pezzi di Franco Albini, Osvaldo Borsani, Gino Sarfatti che avrei voluto mostrare al pubblico, insieme ad oggetti di BBPR , Luigi Caccia Dominioni , Max Ingrand.

Al contempo però ho voluto avere un approccio più architettonico, per rafforzare la connessione con la Biennale. Così ho commissionato alle curatrici Federica Rasenti e Giulia Ricci una mostra complementare, il cui obbiettivo sarebbe stato la scoperta della relazione tra momenti della storia dell'architettura italiana, e la cultura del design dell'epoca. Hanno selezionato tre fotografi di architettura, che hanno scattato una foto ognuno, esclusivamente per questo progetto - Francesca Iovene ha scelto la Chiesa di San Giovanni Bono di Arrigo Arrighetti, a Milano; Giovanna Silva la Casa alle Zattere di Ignazio Gardella, a Venezia, distante pochi metri dalla location della mostra; e Federico Torra la Casa Bertolotto-Dondo a Bargeggi.

AK: Davvero adorabile! Stai già pensando ad altre mostre? Che cosa possiamo aspettarci da 1+1 Historical Design Gallery?

AS: Mi occuperò certamente di altre mostre! Lo scopo principale della galleria sarà sempre la scoperta e raccolta di pezzi belli ed autentici, ma una parte importante della mia missione è anche di illuminare questi pezzi di una nuova luce. Questa volta la luce è stata irradiata dalla fotografia; la prossima potrà essere l'arte contemporanea, o qualcos'altro, chi lo sa. Personalmente credo che non ci siano limiti nel mondo dell'arte, della cultura, e della creatività.

AK: Infine, per accennare al tuo ottimo gusto, potresti darci qualche consiglio sull'arte dell'arredamento di interni? 

AS: Per prima cosa, prendetevi il vostro tempo; arredare un ambiente in un solo momento non funziona mai. Seconda cosa, il design di livello è importante, ma è meglio avere pochi ottimi pezzi, che una gran quantità di oggetti mediocri. Poi, lasciate spazio per respirare, non riempite troppo la stanza! Ed infine, scegliete con eleganza, ovviamente, ma trovate anche il coraggio di essere divertenti ed originali, altrimenti qual è il punto?

  • Testo di

    • Audrey Kadjar

      Audrey Kadjar

      Nata in America da famiglia francese, Audrey è cresciuta tra diversi paesi. Prima di approdare a Pamono ha studiato storia dell'arte a Londra, e lavorato nella cultura. Quando non è occupata ad inseguire la perfetta traduzione, Audrey scrive per varie pubblicazioni a tema culturale, lavora per la propria rivista sperimentale, e segue diversi progetti fotografici e artistici.

  • Traduzione di

    • Valeria Osti Guerrazzi

      Valeria Osti Guerrazzi

      Nata e cresciuta nella Città eterna, Valeria non è mai riuscita a reprimere il suo (irrazionale) amore per la fredda ma multicolore Berlino, dove si è trasferita non appena uscita dalla Sapienza di Roma, con una tesi su Dostoevskij. Lavora come traduttrice per Pamono, e nel suo tempo libero ama perdersi tanto in un buon libro, quanto nella natura con la sua cagnolina Pepper.