Oil painting on canvas. On the back you can find the signature, the title and the date of the work. It is the work of the Milanese painter Giulio Scappaticci, of the artists of the pictorial-political current who at the turn of the 1950s-1960s was defined as “Existential Realism”. Immediately considered an artist sensitive to existential issues, he began to paint the Milan of the 50s and 60s with its typical railing houses, the peeling windows that open onto a darkly colored urban landscape, the gray industrial suburbs and desolate, quartered oxen and fish hanging on nails. In the mid-1970s, he leaves Milan and moves to the Oltrepò Pavese, where his painting is transformed, goes beyond the previous dark and monochromatic introspective experiences and in his paintings appears a rural world made of more lively and luminous tones: farmhouses, still natures, still lifes, insects, rivers, resting sandy loops. Back in Milan, from the 1980s he returns to depict a more painful humanity, with insects that transform and settle to cover sensations of solitude and voluntary silences. The work proposed here is part of the production attributable to the years of Oltrepò Pavese, with the large Lombard farmhouse on the left, a glimpse of the sunny plain and, in the foreground, an insect. The work is presented in a frame.
Dipinto a olio su tela. Sul retro si trovano la firma, il titolo e la data dell'opera. Si tratta di un'opera del pittore milanese Giulio Scappaticci, tra gli artisti di quella corrente pittorica-politica che a cavallo degli anni '50-'60 fu definita "Realismo esistenziale". Da subito considerato un artista sensibile alle tematiche esistenziali, inizia a dipingere la Milano degli anni '50 e '60 con le sue tipiche case di ringhiera, le finestre scrostate che si aprono su un paesaggio urbano dalle tinte fosche, le periferie industriali grigie e desolate, i buoi squartati e i pesci appesi ai chiodi. A metà degli anni Settanta lascia Milano e si trasferisce nell'Oltrepò Pavese, dove la sua pittura si trasforma, supera le precedenti esperienze introspettive cupe e monocromatiche e nei suoi quadri appare un mondo rurale fatto di toni più vivaci e luminosi: cascine, nature morte, nature morte, insetti, fiumi, anse sabbiose in riposo. Tornato a Milano, a partire dagli anni Ottanta torna a raffigurare un'umanità più sofferta, con insetti che si trasformano e si posano per coprire sensazioni di solitudine e silenzi volontari. L'opera qui proposta fa parte della produzione riconducibile agli anni dell'Oltrepò Pavese, con la grande cascina lombarda sulla sinistra, uno scorcio di pianura assolata e, in primo piano, un insetto. L'opera è presentata in una cornice.
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