Intervista con Marco Zanuso, Jr.


Punti di vista

Di Anna Carnick

Nelle ultime cinque decadi, l'architetto-designer Marco Zanuso Jr. ha tracciato un intrigante ed unico percorso nel mondo del design. Nato a Milano, studia a Firenze negli anni '70, concentrandosi primariamente sul movimento del design radicale, comparso da poco, e sui suoi più importanti sostenitori, per poi lavorare con alcuni dei giù grandi designer italiani - tra cui Enzo Mari, Achille Castiglioni, e suo zio, il noto architetto e designer Marco Zanuso, Senior. Le forme dei suoi lavori si ispirano curiosamente a due diverse scuole di pensiero di design: il design radicale - come le creazioni di Andrea Branzi, Michele de Lucci, e Memphis - e il "bel design" italiano, più mainstream - visto come il punto più alto del buon gusto e dell'eleganza durante gli anni '50 e '60, come i lavori del primo Zanuso e dei Castiglioni.

Per Zanuso, Jr., questi due fili sono facilmente intrecciabili; ne conosce ogni singolo principio, e ci sono momenti nel suo lavoro in cui elementi di una scuola di pensiero o dell'altra sono chiaramente visibili. Diversi clienti sia del mondo delle gallerie che di quello commerciale gli commissionano regolarmente diversi progetti - il suo curriculum include lavori per nomi come De Padova, Driade, Fontana Arte, Cappellini, Galerie Italienne, Fragile Milano, e molti altri ancora - e per ogni punto vendita trova sempre un'infinita fonte di ispirazione.

Abbiamo avuto l'opportunità di visitare Zanuso nella sua accogliente casa a Brera, un'esuberante area di Milano. È gentile, perspicace, e diretto. Facendo un cenno col capo verso una finestra, indica la vista sui navigli di San Marco, parte del sistema dei canali disegnato da Leonardo da Vinci - e un altro ricordo dell'attivo e sfaccettato ruolo che la cultura italiana gioca nell'eccezionale visione del mondo di Zanuso.

Continua a leggere per saperne di più della nostra chiacchierata.

Anna Carnick: Come descriveresti lo stato del design italiano al giorno d'oggi? 

Marco Zanuso, Jr.: Non credo che sia rimasto molto dell'originale DNA. D'altra parte, però, ci sono ancora design commerciali di qualità in voga, e vengono prodotti oggetti di lusso davvero molto interessanti. Secondo me, la manifattura più intrigante che riesce a combinare diverse culture di design contemporaneo è Flos. Mi piace molto anche il lavoro di Magis.

Sembra che l'ondata radicale sia quasi finita ormai. E il "bel design" segue oggi un trend molto commerciale. Ci sono ancora buoni prodotti in giro - per esempio l'illuminazione di Flos e i mobili di Moroso - ma, in generale, non si sperimenta più come una volta. Gli imprenditori non vogliono rischiare; il più delle volte hanno paura, e molti di loro non sanno nemmeno cos'è il design, ragionano solo in base al marketing. Il DNA del design italiano è ormai evanescente.

AC: Come si è evoluto il tuo lavoro negli anni?

MZJ: All'inizio, nei primi anni della mia attività, facevo del mio meglio per ampliare il più possibile i miei potenziali orizzonti, andando alla ricerca di contatti e opportunità di lavoro. Poi ho cominciato ad essere più selettivo, cercando di evitare di fare passi falsi, e scegliendo di concentrarmi su progetti e clienti con cui sentivo di poter lavorare bene.

AC: Lavori con aziende e gallerie di lunga data. Come descriveresti le somiglianze e le differenze in questo tipo di lavoro e rapporto?

MZJ: Quando lavoro con delle aziende, il progetto comincia con un forte condizionamento, spesso le direttive sono molto precise. E non lo dico assolutamente in senso negativo, anzi, è una buona premessa per aiutare chi disegna. Nel lavoro commissionato dalle aziende, quindi, il primo passo è quello di concepire il prodotto insieme alla persona che ne è responsabile. Nella migliore tradizione italiana di design, il proprietario stesso gioca questo ruolo; come per esempio hanno fatto Aurelio Zanotta, Maddalena De Padova, Enrico Astori, e molti altri ancora.

Poi, una volta che i miei progetti vengono approvati, arriviamo al secondo passo: un particolare e dettagliato lavoro con l'ufficio tecnico. Questa parte mi è sempre piaciuta, perché ti permette di imparare molte cose che le università e le scuole non possono insegnarti.

AC: Qual è la più importante lezione (o le più importanti) che hai imparato negli anni da designer professionale?

Marco Zanuso, Jr. sulla sua Superelastica nella fabbrica di Bonacina 1889 nel marzo 2009 Immagine per gentile concessione del designer
  
MZJ
: Comincerò col dire che sto ancora imparando e cercando di migliorare. Ogni progetto fornisce un'opportunità di crescita, dato che invenzione e innovazione sono sempre richieste. Che sia una soluzione tecnica di base ed elegante o una gamma di colori sorprendente, c'è sempre un processo di scoperta. Un buon progetto implica la creazione di qualcosa che prima non esisteva; questa è la lezione che ho imparato da Marco Zanuso Senior, un maestro.

AC: Su quali progetti stai lavorando ora? E quale sarà il prossimo?

MZJ: Sto collaborando con il designer grafico Francesco Dondina e l'architetto Giuseppe Raboni per creare un sistema di linguaggio di segni per le zone verdi di Milano. Questo progetto è molto importante per me, sono contento di avere l'opportunità di rendere la mia città più gradevole e funzionale.

Io e il mio partner Daniele Nave stiamo inoltre completando due progetti di edifici residenziali sempre a Milano. Abbiamo cercato di trovare un equilibrio tra tradizione e nuovi materiali e tecnologie, costruendo allo stesso tempo edifici in cui fosse piacevole vivere. Lo scopo era quello di creare una bella relazione tra le persone e i loro ambienti.

Un buon progetto prevede la creazione di un qualcosa che precedentemente non esisteva; questa è la lezione che ho imparato dal maestro Marco Zanuso Senior.

Per quanto riguarda il design, sto lavorando su lampade in vetro di Murano, una collezione di tavoli in acciaio, accessori per la casa in ceramica, e oggetti per la tavola in ferro battuto. Quest'ultimo è un territorio nuovo per me.

Inoltre è in elaborazione un libro sui miei design, che dovrebbe essere pronto entro la fine dell'anno.

AC: Ci sono ancora sogni nel cassetto?

MZJ: Mi piacerebbe fare progetti su scala urbana - non edifici, ma interventi sul paesaggio urbano, progetti che possano migliorare le aree pubbliche. Ci sono ancora molte cose che si possono fare. Il progetto The Floating Piers di Christo al lago d'Iseo è un ottimo esempio: un milione di persone sono andate a visitarlo l'anno scorso e l'economia dell'area ne ha beneficiato e continua a beneficiarne molto.

AC: Che consiglio daresti a giovani designer all'inizio della loro carriera?

MZJ: Sicuramente il mio consiglio è quello di fare esperienza pratica per un anno in un ufficio tecnico, un'officina, o un laboratorio - luoghi dove il prodotto viene letteralmente creato, è una cosa molto utile. E non sprecate il vostro tempo sui social media; uscite ed esplorate! Guardate e osservate il più possibile, e visitate gallerie e mostre di design.

  • Testo di

    • Anna Carnick

      Anna Carnick

      Ex redattore per Assouline, the Aperture Foundation, Graphis, e Clear, Anna ama celebrare grandi artisti e designer. Suoi pezzi sono apparsi in diverse importanti pubblicazioni di arte e cultura, ed ha inoltre curato l’edizione di molti libri. Anna è l’autrice di Design Voices e Nendo: 10/10, e poche cose le piacciono come un bel picnic.
  • Foto di

    • Giada Paoloni

      Giada Paoloni

      Giada è una fotografa e stilista italiana con una passione per i viaggi, il cibo e l’arte.
  • Traduzione di

    • Natalia di Giammarco

      Natalia di Giammarco

      Nata e cresciuta a Roma, Natalia ha studiato lingue straniere a Roma e successivamente a Berlino. Sebbene la bellezza della sua città le manchi, l'eccentricità della capitale tedesca l'ha sempre incantata. Le sue passioni includono il cinema, la cucina, il teatro, i viaggi, e ovviamente la traduzione - ma le piace anche semplicemente crogiolarsi al sole per ore con un buon libro o con della buona musica.

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