I designer indipendenti ed autoprodotti stanno vivendo un momento d'oro
La nuova New Wave
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Container of Mañío di Bayron Insostroza del Grupo Alma
Foto © Grupo Alma
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Bayron Insostroza del Grupo Alma al lavoro sulla sua Mesa de Mañío
Foto © Grupo Alma
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Mesa de Mañío di Bayron Insostroza
Foto © Grupo Alma
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Lamps From Chile disegnate da Paula Corrales + Mitsue Kido del Grupo Alma, realizzate in collaborazione con artigiani cileni
Foto © Grupo Alma
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Lamps From Chile disegnate da Paula Corrales + Mitsue Kido del Grupo Alma, realizzate in collaborazione con artigiani cileni
Foto © Grupo Alma
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Lamps From Chile disegnate da Paula Corrales + Mitsue Kido del Grupo Alma, realizzate in collaborazione con artigiani cileni
Foto © Grupo Alma
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SAcrosanctHut di Mash T
Foto © Max S. Volonté
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La sedia Oromo all'interno di SAcrosanctHut di Mash T
Foto © Max S. Volonté
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Il collettivo belga BRUT presenta lavori di Nel Verbeke, Linde Freya Tangelder, Charlotte Jonckheer, e Bram Vanderbeke alla Milan Design Week 2019
Foto © AlexanderPopelier
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Il collettivo belga BRUT presenta lavori di Nel Verbeke, Linde Freya Tangelder, Charlotte Jonckheer, e Bram Vanderbeke alla Milan Design Week 2019
Foto © AlexanderPopelier
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Lo studio moscovita Supaform, fondato dal designer Maxim Scherbakov, presenta The New Normative alla Milan Design Week 2019
Foto © Supaform
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Uno scorcio dell'appartamento milanese di Antonio Aricò, condiviso sul suo account instagram @antonioarico
Foto © Antonio Aricò
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I tavoli Moon di Studio Furthermore sono realizzati in mnerale grezzo lavorato a mano per assomigliare a roccia lunare
Foto © Studio Furthermore
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La collezione Bahia Denim di Sophie Rowley è realizzata in denim riciclato, il cui risultato finale somiglia in modo impressionante al marmo
Foto © Sophie Rowley
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Juratuf della designer svizzera Bertille Laguet esplora alcuni possibili usi del Designflex, un sottile e flessibile foglio di pietra
Foto © Bertille Laguet
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Lampade Sun-Ra di Nanda Vigo per JCP
Foto © JCP
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Consolle Debeam di Debonademeo per JCP Universe
Foto © JCP
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Sedia Amedea di Debonademeo per JCP Universe
Foto © JCP
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I Like Acid Baths (Electric Transmutations) di Studio Minale-Maeda, sono stati creati tramite un processo elettro-galvanico che permette ad oggetti in metallo solido di espandersi all'interno di stampi riutilizzabili
Foto © Studio Minale-Maeda
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Cécile Bichon di Form&Seek lascia scorrere e solidificare i materiali per creare le sue enigmatiche ceramiche
Photo © Form&Seek
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Cécile Bichon of Form&Seek lets the slip flow and solidify freely to make her enigmatic ceramics
Foto © Form&Seek
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Ripple di Bilge Nur Saltik di Form&Seek
Foto © Form&Seek
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Lampade Undefined Terms di Chih-Wei Chang di Form&Seek
Foto © Form&Seek
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Lo studio londinese Flatwig Studio ha realizzato la sua collezione Ondula utilizzando fogli di metallo ondulato, un materiale industriale normalmente impiegato per costruire tetti
Photo © Flatwig Studio
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Oggetti in hempcrete di Yasmin Bawa
Foto © Margaret Flatley
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Gli studi KANZ e ZPSTUDIO hanno collaborato con gli artigiani Lorenzo Franceschinis e Studio F per creare la collezione Hybritèque
Foto © KANZ
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Il collettivo olandese Oddness presenta Chunk di Ward Wijnant, Larva di Elvis Wesley, e Bubblegraphy di Adrianus Kundert
Foto © Oddness
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Tensione Estetica #4 del designer e artigiano del vetro Simone Crestani, realizzata in vetro borosilicato, ferro, e cemento
Foto © Alberto Parise
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Vaso Arabesque di Serena Confaloni
Foto © Andrea Agrati
Chi tiene d'occhio le fluttuazioni del mercato del design, saprà bene che al momento l'interesse per il design Memphis anni '80 è alle stelle. Nonostante la forte tentazione di credere che il motivo di questo rinascimento risieda nella sua originalissima estetica, il vero fascino di Memphis è nel suo spirito e nella sua indipendenza artistica.
Al di là dell'esuberante estetica, i designer dietro Memphis si posero come obbiettivo la sfida alle regole imposte al design; ignorarono i dettami della moda del tempo, sfidarono i limiti imposti all'espressività individuale, e si rivolsero senza inibizioni ad un pubblico fino ad allora trascurato. In breve, Memphis ed i suoi creativi ed artisti coraggiosi, riuscirono a scavalcare le grandi aziende del design mostrando al pubblico cosa poteva essere creato in maniera indipendente - e, per una volta, il mondo si accorse del design come mai era successo prima.
Non è una coincidenza che coloro che apprezzano il design Memphis con maggiore costanza ed ardore, siano spesso a loro volta persone creative e non conformiste. Basti pensare ad alcuni tra i più noti collezionisti di pezzi Memphis, come David Bowie e Karl Lagerfeld.
Se Bowie e Lagerfeld hanno trascorso le loro vite remando controcorrente - e riscrivendo nel mentre le regole del mainstream - la maggior parte di noi tende ad indossare i panni del ribelle culturale solo quando si sente ignorata o provocata. Ecco perché, nel momento in cui l'industria del design comincia a sembrare immobile ed invecchiata, come succede ogni tanto, ci ritroviamo a cercare alternative, e creativi anticonformisti in grado di offrirci una visione che vada oltre l'ordinario. Questo spiega come mai il design Memphis vintage (così come quello contemporaneo di ispirazione Memphis) sia sulla cresta dell'onda, al momento; è anzi solo una parte della nuova, crescente corrente di voci indipendenti che sta finalmente vivendo un meritatissimo momento d'oro.
Oltre a Memphis, il genuino entusiasmo per nuove prospettive e modelli ad hoc sta cominciando ad essere una parte importante del mondo del design - brulicante di studi innovativi ed autoprodotti, collettivi multitasking e vivaci, e piccole case di produzione che non hanno paura di essere guidate da forti personalità. E la ciliegina su questa coloratissima torta, è la prima fiera internazionale di design esplicitamente dedicata a creativi indipendenti e al di fuori dell'industria mainstream: Edit Napoli.
La nuova New Wave
Ci sono diverse ragioni, tanto etiche quanto pratiche, per cui i designer scelgono di intraprendere un cammino lontano dall'industria tradizionale. A volte tale scelta è dettata semplicemente dalla scarsità di opportunità per i giovani designer. Ma anche il desiderio di essere liberi ed indipendenti, di poter lavorare con flessibilità e tempistiche individuali, porta a tale decisione. Ma ciò che la maggior parte dei designer indipendenti cita come ragione primaria, è che solo così possono raccontare le loro storie, che altrimenti non avrebbero visto la luce.
Il giovane designer italiano Antonio Aricò, ad esempio, ha iniziato la sua carriera percorrendo il cammino tradizionale - lavorando per un grande studio di design milanese dopo essersi laureato al Politecnico. Dopo circa un anno però è tornato dalla sua famiglia, nel sud dell'Italia, per lavorare assieme al nonno falegname ad una collezione 'con un'anima'. "Ho corso questo rischio perché credo che ci sia un forte desiderio di autenticità e qualità, là fuori" spiega il designer, "e queste qualità, parte del mio patrimonio culturale meridionale, non ho voluto farle andare perdute in un contesto dove l'apparenza è più importante della sostanza." L'indipendenza ha certamente i suoi rischi, ma il coraggio di Aricò è stato ricompensato; negli ultimi sette anni il suo lavoro è stato esposto alla Triennale di Milano, e presso diversi musei come il Design Museum Holon, la National Gallery of Victoria a Melbourne, l'ambasciata italiana di Copenhagen, ed al Palazzo delle Esposizioni di Roma; il designer ha inoltre realizzato collezioni per marchi del calibro di Alessi, Barilla, Editamateria, e Seletti.
Un altro esempio di questa tendenza è il collettivo di design in ascesa Mash. T, dedicato alle tradizioni sudafricane. "Il nostro obbiettivo è di far diventare il design sudafricano una categoria riconosciuta" spiega Thabisa Mjo di Mash.T. "Miriamo a mettere in mostra la grande varietà di abilità artigianali, materiali, e stili tipici del nostro paese, che siamo certi susciteranno un notevole interesse anche all'estero." La sua collega Tracy Lynch, fondatrice di Lee Lynch Studio e direttrice creativa di Nando's Design Programme, aggiunge "I designer sudafricani stanno cominciando ad esplorare cosa li rende unici, e tra i primi risultati di questa esplorazione c'è un linguaggio punteggiato di tecniche artigianali antiche ed ispirato al melting pot unico di culture che caratterizza questa terra. Sentiamo la necessità di condividere non una sola storia, ma diverse - tanti capitoli che vanno a comporre il nostro libro. Questo approccio inclusivo amplifica la nostra storia, ampia ed artigianale." (Tra parentesi, l'installazione di Mash. T alla Milan Design Week di quest'anno, letteralmente da far girare la testa, è stata tra le nostre preferite!)
Dall'altra parte del mondo, Paula Corrales del collettivo di design cileno Grupo Alma si è posta un obbiettivo simile, ispirandosi alle tradizioni artigianali del suo paese; "I membri del Grupo Alma sono uniti dalla voglia di mostrare il Cile al mondo, con la sua diversa concezione del design. In Cile non abbiamo facilmente accesso a processi produttivi high-tech, ma ciò è visto come un qualcosa di positivo, che ci spinge ad apprezzare e coltivare ancora di più i nostri metodi artigianali. L'artigianato e la manualità hanno un'enorme importanza nella nostra cultura; se non li valorizziamo, li perderemo in breve - perdendo assieme ad essi una parte importante della nostra cultura."
Esempi di sforzi collettivi per rivitalizzare e preservare tradizioni artigianali locali, sono fortunatamente molto diffusi nel mondo, ormai - anche a causa della crescente domanda per nuovi linguaggi di design. E un notevole valore aggiunto del collaborare è, naturalmente, il fatto che l'unione faccia la forza. Molti designer che lavorano in collettivi riconoscono che questo tipo di struttura offre opportunità di condivisione di risorse (aiutandosi a vicenda per l'affitto dello studio, ad esempio, o per realizzare i prodotti stessi, organizzare le spedizioni, ecc.) e di godere dei frutti di un'atmosfera costante fonte di ispirazione - conseguenza naturale del lavorare a stretto contatto con altri creativi dello stesso settore.
Nelle giuste circostanze, gli sforzi collettivi si evolvono in marchi dalla produzione limitata. Lo studio milanese JCP, ad esempio, si è evoluto gradualmente da un think tank radicale, frutto della collaborazione tra l'architetto Livio Ballabio e dello studio CTRLZAK. "La nostra unica regola è non avere regole," dice il fondatore di JCP, Livio Ballabio. "Lo studio non vuole rinnegare la tradizione; il suo obbiettivo è di guidare il nuovo, arrivando in un posto dove i dogmi sono solo un lontano ricordo." In pochissimi anni, il marchio ha attirato diversi notevoli internazionali come Sam Baron, Matteo Cibic, Nanda Vigo, Richard Yasmine.
Altri però, inseguono missioni totalmente personali, spesso motivati da una speciale affinità con un materiale, o da una visione unica di un risultato nuovo, migliore, o più flessibile. La designer svizzera Bertille Laguet non aveva in programma di tornare nella fonderia del padre, dopo essersi laureata presso la ECAL, ma oggi è proprio lì che la si può trovare più spesso, intenta nella creazione di oggetti in metallo. "Dopo aver ottenuto il mio diploma, ho cominciato a ricevere qualche commissione" racconta; "ho lavorato da subito come designer indipendente, e non ho più smesso. Mi piace la maggior rapidità del processo, e amo vederne con i miei occhi il risultato. Posso realizzare un tavolo in una settimana anziché in mesi, e si può trascorrere più tempo in pace a sperimentare col materiale." La sua più grande sfida? "Trovo che lavorare come designer e artigiano allo stesso tempo sia un po' 'schizofrenico'. Bisogna fare i conti tanto con il concetto che con la tecnica, e prestare attenzione a separarli durante le varie fasi del progetto."
La designer con base a Berlino Yasmin Bawa , nel frattempo, ha incanalato il suo lavoro nel tentativo di fare qualcosa per combattere il cambiamento climatico, concentrandosi su un materiale divoratore di anidride carbonica e spesso trascurato: la canapa. O più nello specifico, l'hempcrete, un composto leggero ma resistente realizzato dall'unione delle fibre legnose della canapa con la calce, che viene usato, seppur raramente, in strutture architettoniche. "Sentendomi rimasta indietro rispetto all'industria della moda e alla sua estrema velocità, ho deciso di distaccarmene, per concentrarmi su qualcosa di più lento," racconta Bawa, "dedicandomi ad un campo in cui avrei potuto impiegare il mio tempo alla ricerca di ispirazione, e alla sperimentazione. Lavorare da sola è sembrato l'unico modo per essere davvero onesta con me stessa e con il mio lavoro. Costantemente alla ricerca di nuovi materiali, mi sono imbattuta in una casa realizzata in hempcrete, e questo materiale mi ha immediatamente catturato. I primi esperimenti con l'hempcrete mi hanno sorpreso per i suoi notevoli ed innumerevoli, e per il suo prestarsi inoltre a notevoli sperimentazioni espressive. Mi ha portato ad intraprendere un percorso in cui le tecniche artigianali naturali sono decisamente centrali, portando con esse nuove e stimolanti possibilità."
Per più di dieci anni, il luminare olandese Maarten Baas è stato un pioniere delle mode del XXI secolo, raccogliendo i frutti della libertà che si va lavorando al di fuori della grande industria. Baas ha costruito la sua brillante carriera su progetti eccitanti e pieni di personalità, spesso e volentieri unendo diverse forme d'arte in una. Assieme al suo piccolo team - il cui nucleo centrale è composto da circa 12 creativi - crea oggetti autoprodotti, e collabora con importanti marchi e gallerie di lusso.
Secondo Baas, avere un team interno di talento, in grado di lavorare a tutti gli step della produzione, è la chiave per la creazione di un qualcosa di diverso e diversificato. "Nel mio lavoro voglio riflettere sull'attualità. Perciò uso qualunque materiale che rispecchi al meglio il momento storico e culturale, da qualunque ambito esso provenga." Pertanto “ogni progetto è unico, è una nuova ruota che necessita di essere inventata. Per questo motivo, non si può standardizzare niente. Lavoro sempre con tecniche diverse" - un giorno lui ed il suo team lavorano col legno, un altro saldano insieme 200 schermi televisivi, oppure realizzano un film di 12 ore - "e questo richiede molta flessibilità e capacità a 360° da parte dei membri del team. Bisogna essere sempre acuti e pronti a tutto, non sapendo mai con che risultato finale si avrà a che fare. Ma tutti noi del team ci godiamo il processo, ed amiamo lavorare insieme.”
Una nuova fiera per la nuova New Wave
Il coro internazionale di voci indipendenti ha trovato eco in Domitilla Dardi ed Emilia Petruccelli, le co-fondatrici della nuova fiera del design Edit Napoli , concepita per mettere in mostra "i creativi che evitano l'industria, occupandosi da soli di ogni aspetto della produzione di design, dalla concezione al branding alla distribuzione." Sebbene i designer autoprodotti operino nel mondo del design da anni, Edit è la prima fiera pensata esclusivamente per loro. Ed era davvero ora. Questi designer stanno realizzando cose che la grande industria non potrà o vorrà mai fare - dal trovare usi per nuovi materiali, e sviluppare processi produttivi sostenibili e consapevoli, al rivitalizzare tecniche artigianali in via di estinzione. Questi nuovi artisti New Wave sono i veri eredi del lascito di Memphis.
A partire dal 6 giugno, Edit Napoli ospiterà più di 50 espositori - una selezione curata ed un attento mix di nomi noti, giovani creativi, e produttori affermati. Le organizzatrici hanno lavorato alacremente per assicurarsi il pubblico giusto, tra cui leader del mondo del design, collezionisti e venditori, e designer di interni ed architetti. Noi di Pamono non vediamo l'ora di ammirare i progetti di alcuni dei nostri artisti preferiti, tra cui Andrea Anastasio, Simone Crestani , Constance Guisset, Max Lipsey, Dirk vander Kooij, e Nika Zupanc . Alcuni designer presenteranno anche nuove ed originali collaborazioni con manifatture: Gum Design con Alfaterna Marmi, Daniele Della Porta con BBeds, BCXSY con Morseletto, ed Elisa Ossino con Nesite.
E poiché abbiamo sempre avuto un debole, nonché un occhio di riguardo per i designer indipendenti e al di fuori dell'industria mainstream, Pamono sarà anche sul posto con una propria mostra, Indie Rock, un'unione giocosa e frizzante di lavori firmati da Bloc Studios
, Yasmin Bawa, Serena Confalonieri, Eligo, JCP, Purho, Portego, Secolo
, Elisa Strozyk, e Wall & Decò. (E se tutto va come deve andare, esporremo anche nuovi pezzi del nostro amico italiano Antonio Aricò!)
Una giuria, formata da Giulio Cappellini, direttore artistico di Cappellini; David Alhadeff, fondatore di The Future Perfect; Esra Lemmens di The Esra Lemmens Agency; Alessandro Valenti di ELLE Decor Italy; e Francesco Tuccillo, imprenditore locale, si riunirà a Napoli per selezionare il miglior lavoro originale. Il vincitore racchiuderà in sé le qualità fondamentali dei designer indipendenti di successo: un prodotto intelligente e di qualità, una connessione speciale con la tradizione, ed un prezzo corretto.
Il momento è infine giunto. Non vediamo l'ora!
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Testo di
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Anna Carnick
Ex redattore per Assouline, the Aperture Foundation, Graphis, e Clear, Anna ama celebrare grandi artisti e designer. Suoi pezzi sono apparsi in diverse importanti pubblicazioni di arte e cultura, ed ha inoltre curato l’edizione di molti libri. Anna è l’autrice di Design Voices e Nendo: 10/10, e poche cose le piacciono come un bel picnic.
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Testo di
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Wava Carpenter
Dopo aver studiato storia del design alla Parsons, Wava ha indossato molti cappelli in supporto della cultura del design: ha insegnato design studies, curato mostre, organizzato dibattiti, scritto articoli - e tutto questo ha ispirato e continua ad ispirare il suo lavoro da Pamono come caporedattrice.
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Traduzione di
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Pierre-Nicolas Mader
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